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Pubblicare costa troppo? Il caso della rivista NeuroImage

Redazione By 4 Luglio 2023No Comments
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NeuroImage

La dimissione in massa dei membri del comitato editoriale della rivista NeuroImage ha fatto – e sta facendo – discutere. L’esodo di ricercatori, ricercatrici e clinici del periodico è stata una decisione clamorosa per protestare contro “l’avidità” della casa editrice: parliamo di Elsevier, il player più potente della comunicazione scientifica internazionale. Il board sostiene di essere rimasto inascoltato: l’editore infatti avrebbe rifiutato di ridurre le spese di pubblicazione agli enti di appartenenza degli autori e delle autrici.

NeuroImage è una rivista leader a livello mondiale per la ricerca sull’imaging cerebrale: una delle tante riviste che seguono il modello open access e che non applicano alcun paywall tra autori e lettori. Servono più di 2700 sterline per pubblicare. Una cifra “immorale” secondo il board che non avrebbe alcuna giustificazione in base ai costi sostenuti.

Che Elsevier abbia pochi scrupoli quando si tratta di aumentare i propri ricavi è un fatto assodato: circa il 25% degli articoli scientifici del mondo è pubblicato da riviste del gruppo e nell’ultimo esercizio le entrate sono aumentate del 10% raggiungendo i 2,9 miliardi di sterline lo scorso anno. “Ma sono i margini di profitto, che secondo i conti del 2019 sfiorano il 40%, a far arrabbiare di più gli accademici” spiega The Guardian (1). “Le grandi case editrici scientifiche mantengono bassi i costi perché gli accademici svolgono le loro ricerche – tipicamente finanziate da enti no profit e dalle finanze pubbliche – gratuitamente”.

La dinamica sotto accusa è ben nota: la comunità scientifica accetta di svolgere la peer review gratuitamente per verificare che il lavoro dei propri colleghi possa essere pubblicato e gli editor che collaborano alle riviste prestano sempre gratuitamente la propria opera o con un piccolo stipendio. Alla fine di questo percorso, è la stessa comunità scientifica a tirar fuori i soldi per la pubblicazione vuoi tramite il contributo di chi firma, vuoi attraverso i fondi delle istituzioni.

La decisione del comitato scientifico di NeuroImage è stata salutata con ammirazione da moltissimi ricercatori che sperano sia l’inizio di una ribellione contro gli enormi margini di profitto dell’editoria accademica, che superano quelli di Apple, Google e Amazon.

Qualche voce isolata si è alzata a difendere Elsevier e questa sì che è una novità. In un gruppo chiuso di discussione, un editor di un’importante rivista internazionale open access ha spiegato che il costo da loro sostenuto per ciascun articolo pubblicato sia di circa 4300 dollari americani. Sappiamo infatti che il costo maggiore per un periodico scientifico è negli articoli non pubblicati, quelli che richiedono comunque un lavoro di segreteria e che non arrecano alcun vantaggio alla rivista. I costi per il personale, il supporto legale, gli edifici, le dotazioni informatiche e lo sviluppo di software, la manutenzione dei server e l’elettricità: tutto questo costa moltissimo.

È una discussione iniziata già da molti anni e che non è destinata a esaurirsi rapidamente. A ogni modo, leggere certe cifre – sia in termini di costo per pubblicazione, sia di profitti globali industriali – lascia ancora più perplessi pensando alla quantità di ricerca inutile o condizionata che continua a essere condotta e pubblicata.

I transfughi da NeuroImage hanno annunciato la fondazione di una nuova rivista, Imaging NeuroScience, che sarà pubblicata dalla MIT Press  (2) e che partirà sicuramene avvantaggiata dall’esperienza – oltre che dal prestigio – del board editoriale. La domanda che ha suscitato questo annuncio è intrigante: una rivista può esistere a prescindere dagli editor che l’hanno storicamente curata?

Un post su Scholarly kitchen (3) prova a rispondere a questo interrogativo: “Nel caso di NeuroImage, né gli autori né gli abbonati presteranno molta attenzione all’addio del comitato editoriale, sia nel breve sia nel lungo periodo. Forse per la maggior parte degli autori il nome di NeuroImage dipende principalmente da fattori diversi dalla composizione del comitato editoriale (ehm… dall’impact factor?), e finché si sentiranno ragionevolmente sicuri che il nuovo comitato sarà comunque composto da persone competenti, continueranno ad avere la sensazione di inviare lavori alla stessa NeuroImage di sempre. Forse gli autori e gli abbonati procederanno semplicemente come al solito, supponendo che Elsevier sia pienamente in grado di sostituire il vecchio comitato editoriale con uno altrettanto valido ed è molto probabile che lo faccia. La questione non è se avere un comitato editoriale sia importante o meno; la questione è quanto contino le persone che compongono un determinato comitato editoriale, sia per la qualità effettiva della rivista sia per la sua desiderabilità come spazio dove pubblicare nella mente degli autori”.

Bibliografia

1. Fazackerley A. “Too greedy”: mass walkout at global science journal over “unethical” fees. The Guardian 2023; 7 maggio.
2. Zahneis M. “It feels like things are breaking open”: high publishing charges spur neuroscientists to start own journal. The Chronicle of Higher Education 2023; 21 aprile.
3. Anderson R. Is the essence of a journal portable? Scholarly Kitchen 2023; 8 maggio.