
L’emicrania è una patologia neurologica invalidante che colpisce più di sei milioni di italiani tra i quali quattro milioni sono persone di sesso femminile. È una malattia che ha un elevato impatto sociale ed economico e che determina compromissione della qualità di vita, perdita di produttività e aumento della spesa sanitaria diretta e indiretta. Si tratta di una patologia cronica che si manifesta con attacchi acuti di diversa intensità, durata e frequenza caratterizzati da dolore moderato/intenso spesso accompagnato da nausea, vomito, fotofobia, fonofobia e aura.
Se la frequenza degli attacchi è inferiore a 4 al mese di norma si tratta il paziente solamente con farmaci sintomatici durante l’attacco acuto. Quando, però, gli attacchi diventano più frequenti o la terapia standard è inefficace diventa importante iniziare la terapia preventiva. Negli ultimi anni, con l’introduzione in commercio di nuovi farmaci molto efficaci e specifici per l’emicrania, si sta assistendo a un grande passo avanti nel trattamento di questa patologia.
Abbiamo parlato delle molecole di recente introduzione nella pratica clinica in Italia con Cinzia Finocchi, Direttrice della Struttura Complessa di Neurologia dell’Ospedale S. Paolo di Savona e Presidente dell’Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee (ANIRCEF).
Quali sono le novità farmacologiche per il trattamento degli attacchi acuti di emicrania?
Dagli anni novanta si utilizzano i triptani, una classe di farmaci specifica per l’emicrania, soprattutto quando il dolore durante l’attacco acuto è di elevata intensità. Di introduzione recentissima in commercio, invece, ci sono due farmaci che attualmente sono soggetti a prescrizione medica specialistica e disponibili in Fascia C. Si tratta di lasmiditan, un agonista selettivo del recettore della serotonina 5-HT1F che appartiene alla classe dei ditani, disponibile in Italia in compresse da 50 mg, 100 mg e 200mg e rimegepant, un antagonista del recettore della proteina correlata al gene nella calcitonina (CGRP-R) che fa parte dei gepanti, disponibile in forma di liofilizzato orale da 75 mg.
Ditani e gepanti in genere si usano in pazienti resistenti o che abbiano controindicazioni alle terapie standard con FANS e triptani. Inoltre, il rimegepant ha indicazione anche per la prevenzione dell’emicrania quando somministrato a giorni alterni.
Oltre alla categoria dei gepanti, quali altri farmaci sono stati di recente introdotti nella prevenzione degli attacchi di emicrania?
Negli ultimi tre anni sono stati introdotti gli anticorpi monoclonali diretti contro il CGRP o il recettore del CGRP. Si tratta di farmaci sviluppati per la prevenzione degli attacchi di emicrania che hanno dimostrato di avere un’elevata efficacia e tollerabilità. Vengono somministrati per via sottocutanea con frequenza mensile o ogni 28 giorni a seconda delle indicazioni specifiche della singola molecola. Se sono efficaci sul paziente, si somministrano per un ciclo terapeutico della durata di 12 mesi dopo il quale è necessaria un’interruzione obbligatoria che, per decisione di AIFA, è stata di recente ridotta da tre mesi a un mese. Durante la pausa il paziente viene monitorato e se l’azione preventiva degli anticorpi monoclonali non perdura a lungo si ripristina la terapia. Per esperienza clinica, la maggior parte dei pazienti deve riiniziare la terapia a pochi mesi dalla sospensione.
Il 20 giungo 2023, agli anticorpi monoclonali già in uso come erenumab, fremanezumab e galcanezumab, si è aggiunto ai farmaci rimborsabili dal Sistema Sanitario Nazionale eptinezumab che viene somministrato per via endovenosa una volta ogni 12 settimane. Una novità un po’ meno recente ma da ricordare è poi la tossina botulinica che prevede piccole iniezioni nei muscoli del cranio, del collo e delle spalle eseguite ogni 3 mesi ed è riservata a quei pazienti che hanno più di 15 attacchi di emicrania al mese.
Quali sono i pazienti che possono beneficiare del trattamento con i farmaci innovativi?
Quando gli attacchi hanno una frequenza superiore a quattro al mese o quando le terapie tradizionali falliscono è necessario un approccio mirato all’emicrania. Il paziente che si presenta al medico di medicina generale o al neurologo con queste caratteristiche deve essere fatto afferire al centro per le cefalee di riferimento per la zona, poiché questi centri attualmente sono gli unici autorizzati all’attivazione di piani terapeutici con farmaci innovativi sia per il trattamento dell’attacco acuto sia per quello preventivo. La prescrizione degli anticorpi monoclonali può essere fatta per i pazienti che presentano almeno otto giorni di emicrania al mese.
C’è un problema di sottoutilizzo degli anticorpi monoclonali per la prevenzione dell’emicrania. A cosa è dovuto?
Il problema della sottoprescrizione delle terapie preventive per l’emicrania, soprattutto quelle innovative, è stratificato e legato principalmente a due motivi: la sottovalutazione della patologia e l’affollamento dei centri per le cefalee. Nonostante l’emicrania sia una patologia invalidante molto diffusa abbiamo a che fare con un annoso problema di sottovalutazione della condizione. I pazienti fanno spesso ricorso a farmaci sintomatici senza mai consultare il medico di medicina generale o senza mai essere inviato a uno specialista. Molte delle persone che potrebbero beneficiare di terapie più mirate e preventive, dunque, non giungono mai all’osservazione del neurologo e questo problema è particolarmente spiacevole perché esistono terapie molto efficaci in grado di influire positivamente sulla qualità di vita. L’altro motivo che contribuisce al sottoutilizzo della terapia preventiva con anticorpi monoclonali è legato ai centri per le cefalee che, pur essendo ben distribuiti sul territorio nazionali, sono gravati da carenza di personale e liste di attesa molto lunghe che si sono ulteriormente allungate dopo l’introduzione di questi farmaci. Come spiegato precedentemente, la loro prescrizione con il piano terapeutico AIFA, infatti, può essere fatta solo dai centri per le cefalee autorizzati e prevede che vengano eseguite visite di controllo a tre, sei e 12 mesi dall’inizio della terapia che portano a un surplus di lavoro clinico e burocratico.
Nonostante alcune criticità il presente della terapia dell’emicrania sembra roseo. Quali sono le sfide per il futuro e in quale direzione stanno andando la ricerca clinica e farmacologica in quest’ambito?
Circa il 25% dei pazienti non risponde efficacemente ai farmaci attualmente disponibili poiché presenta forme particolarmente refrattarie di emicrania. Per il futuro sarà quindi importante trovare delle soluzioni che possano andare incontro anche alle persone affette da forme di emicrania più difficili da trattare. Una delle direzioni più studiate e che, secondo il mio parere, continuerà a dare i suoi frutti è quella della ricerca sulle vie metaboliche in particolare quella che coinvolge il CGRP e quelle, già ben studiate nell’ambito delle cefalee in generale, che riguardano i neurotrasmettitori implicati nella trasmissione del dolore.
Intervista a cura di Sofia Corradin
Per approfondire:
– Phu Do T, et al. Therapeutic novelties in migraine: new drugs, new hope? J Headache Pain. 2019; 20(1): 37.
– Karsan N, et al. New Oral Drugs for Migrain. CNS Drugs. 2022; 36(9): 933–949.