
Rispetto ad altri fattori di rischio, il contributo portato dai disturbi del sonno e, nello specifico, dall’insonnia, al rischio di incorrere in un ictus è meno definito. Età, sesso, provenienza etnica, storia familiare, comorbidità e particolari abitudini di vita giocano un ruolo rilevante nel calcolo del rischio di questa patologia, come documentano le numerose evidenze scientifiche.
Riguardo ai disturbi del sonno, mentre è ampiamente dimostrato che i pazienti con apnee ostruttive hanno maggiori probabilità di avere un ictus, è ancora poco chiaro in che modo i disturbi non-ostruttivi, tra cui l’insonnia, influenzano il rischio di andare incontro a un evento di questo tipo.
Proprio sull’esistenza di una possibile relazione fra disturbo da insonnia e rischio di ictus si è focalizzato un recente studio della Virginia Commonwealth University School of Medicine da cui è emerso un incremento del rischio di ictus nei pazienti con sintomi riconducibili a questo disturbo.
La ricerca è partita dai dati raccolti nell’ambito dell’Health and Retirement Study, un’indagine longitudinale condotta fra il 2002 e il 2020 su un campione di ventimila statunitensi over 50, ma includendo solo i partecipanti che all’inizio dell’analisi non avevano una storia individuale di ictus.
Al termine del periodo di follow-up, i soggetti che avevano totalizzato un punteggio compreso fra 1 e 4 e fra 5 e 8 (dove 8 equivale a “sintomatologia grave”) a un questionario “self report” di valutazione dell’insonnia sono risultati associati a un incremento del rischio di ictus pari rispettivamente al 16% e al 51% rispetto a coloro che non riportavano sintomi.
“In letteratura non ci sono evidenze convincenti sulla relazione fra insonnia e rischio di ictus”, precisa Wendemi Sawadogo, primo firmatario dell’articolo pubblicato su Neurology (1). Nello specifico, una metanalisi inglese del 2018 negava l’esistenza di una relazione fra insonnia e ictus (2). Un’altra metanalisi, pubblicata solo un anno prima, riferiva invece un incremento del rischio di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari di entità simile a quella già riportata in letteratura per altri disturbi del sonno. Ma, nel caso specifico dell’ictus, i dati individuati si sono rivelati insufficienti a stabilire l’esistenza di un’associazione positiva (3).
Nemmeno le evidenze raccolte dagli studi epidemiologici permetterebbero di fare chiarezza sul tema in maniera definitiva: due studi caso-controllo, realizzati a Taiwan, sull’impatto che il disturbo da insonnia avrebbe sul rischio di ictus puntano nella direzione di un aumento del rischio nei soggetti del gruppo “insonnia”, senza tuttavia riuscire a escludere il contributo di eventuali fattori confondenti (4,5).
Secondo quanto ichiarato al riguardo da alcune società scientifiche europee (EAN, ERS, ESRS ed ESO), che nel 2020 hanno firmato uno statement pubblicato sull’European Journal of Neurology, le difficoltà relative all’indagine sul ruolo dell’insonnia nella valutazione del rischio di ictus sono riconducibili, da una parte, all’ampia variabilità dei criteri impiegati per l’inquadramento diagnostico di questo disturbo del sonno e, d’altra parte, all’eventuale effetto confondente dovuto a comorbidità.
Questo ultimo punto, però, trova una prima risposta nei risultati di Sawadogo e colleghi. “Abbiamo visto che anche nei soggetti che soffrono di insonnia senza essere ipertesi o diabetici il rischio di ictus risulta aumentato”, chiarisce il ricercatore, puntualizzando che “l’insonnia sembra essere una variabile indipendente del rischio di ictus”.
Il dato è il risultato di un’analisi di sottogruppo condotta su individui che riportavano sintomi riconducibili al disturbo da insonnia in assenza di diagnosi per altre patologie, tra cui diabete, ipertensione e malattia cardiache, concausa dell’evento ictus.
Oltre a descrivere l’associazione fra disturbo da insonnia e rischio di ictus come una relazione dose-risposta e a dipanare, in parte, il dubbio relativo al contributo bidirezionale fra insonnia, comorbidità e ictus, lo studio ha dimostrato che questa associazione è particolarmente significativa nei soggetti con età inferiore a cinquanta anni (un’eventualità, questa, già sollevata in uno degli studi taiwanesi).
“Una delle possibili spiegazioni potrebbe risiedere nel fatto che, con l’età che avanza, le apnee ostruttive del sonno e altri fattori di rischio dell’ictus iniziano a emergere ed è più probabile che, a quel punto, l’impatto di un sonno di scarsa qualità sia minore”, spiega Sawadogo. “Viceversa, nei più giovani, l’insonnia potrebbe giocare un ruolo di gran lunga superiore, anche considerato che questa fascia di popolazione, in età lavorativa, riporta generalmente livelli di stress cronico più elevati”.
Bibliografia
1.Swadogo W, Adera T, PErera R, Burch JB. Association Between Insomnia Symptoms and Trajectory With the Risk of Stroke in the Health and Retirement Study.