
Sono stati pubblicati ieri su JAMA Neurology i risultati di uno studio randomizzato che ha indagato efficacia e sicurezza dell’antipsicotico atipico brexpiprazolo nel trattamento dell’agitazione dei pazienti affetti da Malattia di Alzheimer, da cui è emerso un rapporto rischi/benefici favorevole (1).
L’agitazione associata alla Malattia di Alzheimer è definita da un’eccessiva attività motoria, aggressività verbale o aggressività fisica che determinano disagio o disabilità e che non possono essere attribuiti a un ambiente di cura non ottimale o a un altro disturbo. Si tratta di una condizione comune con un effetto negativo sullo status funzionale, sugli esiti sanitari e sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro caregiver.
Lo studio in questione era un trial clinico randomizzato in doppio cieco, placebo-controllato, a dose fissa e bracci paralleli condotto da maggio 2018 a giugno 2022 presso 123 centri in Europa e negli Stati Uniti.
Un totale di 345 pazienti sono stati randomizzati per ricevere brexpiprazolo per via orale (n = 225) o un placebo (n = 116) per 12 settimane. Nel braccio brexpiprazolo i pazienti sono stati poi ulteriormente randomizzati per ricevere, con un rapporto di 1:2, dosi fisse di 2 mg/d o 3 mg/d. L’età media dei partecipanti era di 74,0 anni e 195 dei 345 pazienti erano di sesso femminile (56,5%). L’endpoint primario dello studio era costituito dalle variazioni, dalla baseline alla dodicesima settimana, nel punteggio totale al Cohen-Mansfield Agitation Inventory.
Dai risultati è emerso che i pazienti che avevano assunto brexpiprazolo 2 o 3 mg sono andati incontro a un miglioramento statisticamente significativo dell’agitazione rispetto a quelli trattati con il placebo (p = 0,003). Nonostante un’incidenza leggermente più elevata di eventi avversi quali sonnolenza, rinofaringite, vertigini, astenia, infezioni del tratto urinario nel gruppo sperimentale (soprattutto tra i soggetti sottoposti alla dose di 3 mg/d) la percentuale di pazienti che hanno interrotto il trattamento è risultata paragonabile tra i due gruppi, pari al 5,3% per il brexpiprazolo e al 4,3% per il placebo.
Lo studio aveva delel limitazioni. Come indicato dagli autori dello studio, ad esempio, l’esclusione di pazienti con determinate comorbilità e le restrizioni relative alla terapia concomitante potrebbero aver limitato la generalizzabilità dei risultati. Inoltre, il campione era composto prevalentemente da soggetti di etnia caucasica e i risultati andrebbero quindi applicati con cautela ad altre etnie. “Nel complesso – concludono però i ricercatori – sembra che il brexpiprazolo a 2 o 3 mg si associ a un rapporto rischi/benefici favorevole”.
Anche sulla base dei risultati di questo studio il brexpiprazolo è stato approvato negli Stati Uniti per il trattamento dell’agitazione nella demenza di Alzheimer.
Bibliografia
1. Lee DBrexpiprazole for the Treatment of Agitation in Alzheimer Dementia: A Randomized Clinical Trial. JAMA Neurol 2023. doi:10.1001/jamaneurol.2023.3810
Slomkowski M Hefting N, et al.